giovedì 3 ottobre 2013

Callegari e la passione letteraria: Lucretia Maria Davidson

Nel 1906, Callegari pubblica in lingua le poesie mai edite in Italia di un’adolescente poetessa americana, Maria Lucrezia Davidson, morta all’inizio del XIX secolo all’età di 17 anni, e annota nella prefazione: “la giovinetta, tratta da poetico estro, richiama forse senza conoscerla, quasi istintivamente, la dottrina della trasmigrazione astrale delle anime in altri mondi, sorta tra i popoli dell’antichità più immaginosi, i Greci ed i Celti, ed accolta pure oggidì da molti che ammettono la teoria della pluralità dei mondi. E ben ella, era degna, per la sua innocenza, di lasciare questo triste nostro pianeta e spiccare il volo attraverso gli spazi interplanetari ad un nuovo mondo, il mondo cioè degli eletti”.
Lucretia Maria Davidson
(immagine di pubblico dominio, da Wikipedia)
Di lei, traendo spunto dalla biografia del Southey nella rivista letteraria londinese ‘The Quarterly Review’, vol. XLI, 1829, Callegari ha a citare e commentare: “moral and intellectual excellence... not designed to bring forth fruits on earth... developed here only for transplanation to a world where there shall be nothing to corrupt or hurt them, nothing to impede their growth in goodness, and their progress toward perfection... "; e conclude con "queste nobilissime parole del Poeta inglese riescono di consolazione a chi crede che non tutto sia terminato dopo la morte e che le anime dei trapassati aleggino in orizzonti più sereni e più lieti”.
Si richiama poi all’amato maestro Flammarion che la fece conoscere in Francia con una citazione diretta, “La jeune fille poète qui chanta cette ravissante pensée s’envola de sa prison terrestre vers son étoile bien aimée... Comme la blanche étoile du matin et du soir... peut-être entend-elle la prière de ceux qui permettent à leurs espérances de s’envoler parfois aux régions du ciel”.
E non manca nella riproposizione in lingua delle poesie della Davidson un accenno che diventerà, come vedremo, materia diretta di rielaborazione nelle prove narrative di Callegari: in ‘On an aeolian Harp’ (Di un’arpa eolica, lo strumento che la ragazza suonava con passione come Callegari ci ha detto nella prefazione, “poneva la sua arpa eolia sul davanzale della finestra, in modo che la brezza ne facesse vibrare le corde: quel gemito dolce e appena impercettibile aveva il dono d’ispirarla... preferiva a tutte le note gravi e melanconiche di una cetra eolia, vibrante senza ritmo, al sospiro del vento. Istrumento primitivo che forse ad ella tornava più gradito, perché s’avvicinava maggiormente alle voci della natura. La poesia di Moore: Farewel to Harp, cantata dalla voce soave e pura della sorella la immergeva in una voluttà che rasentava il delirio... cogli occhi rivolti al mite raggio della sua stella, e fra le melodie dell’arpa eolia, si addormentò sulla croce del genio il 28 Agosto 1825, nel bacio del Signore: e forse con la lusinga di risvegliarsi nel grembo a quella sfera alla quale aveva rivolto i canti verginali della sua Musa”)
What heavenly music strikes my ravished ear/ So soft, so melancholy, and so clear?... Or does some angel strike the sounding strings,/ catching from echo the wild note he sings?... another strain, how sweet, how wild!/... so sweet, so clear,//... as though some spirit, banished from the skies...
che potremo tradurre come una musica paradisiaca per un orecchio estasiato, dolce, malinconica, limpida, qualcosa di angelico il cui eco lascia all’udito però anche qualcosa di aspro, di inespresso tra dolcezza e urlo selvaggio, di “spirituale” in ultima analisi come proveniente direttamente dal cielo (1).

(1) 10. CALLEGARI G. V., Maria Lucrezia Davidson. Con un saggio delle sue poesie, Drucker Flli Padova 1906, pp. 16-17, 22, 24, 27, 64, 107; FLAMMARION N. C., Les merveilles célestes, Paris 1897, p. 162;

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