martedì 31 maggio 2016

Gli ultimi anni (bui)

A breve dovremmo terminare il terzo volume della bibliografia di Callegari, "Il carteggio Callegari-Gorgolini e la vicenda del C.I.S.A.", titolo provvisorio. Il progresso nelle nostre ricerche è purtroppo ostacolato dalla mancata nuova indicizzazione del Fondo Callegari della Biblioteca Civica di Verona e dai nostri impegni, ma comunque siamo vicini alla meta. Ecco un piccolo accenno di quello che dovrebbe venire trattato nell'ultimo capitolo.

Di Callegari non si hanno più notizie dal 1948 al 1954, anno della sua morte; in questo periodo ha vissuto nella sua casa trentina di Coredo, in Val di Non, probilmente dopo essere diventato cieco.
I dieci anni precedenti (1938-1947), gli ultimi della sua attività, sono stati per lo studioso forieri solo di dinieghi e disillusioni. Del resto, con l'economia italiana a pezzi per le sanzioni, la pace sociale definitivamente minata dalle leggi razziali e non, e soprattutto la seconda guerra mondiale, difficilmente un campo come la storiografia precolombiana avrebbe potuto godere del necessario sostentamento.
La delusione più grande è senza dubbio la mancata pubblicazione della sua traduzione italiana del Popol Vuh, il libro Maya del quale abbiamo già parlato in altri post. Callegari è stato facilmente il primo italiano a riuscire nell'intento, ma nelle librerie sarebbe arrivata solo, nle 1950, la traduzione in italiano - scritta parallelamente ad una in spagnolo - del guatemalteco Recinos.
Callegari parla del suo lavoro a Pettazzoni, dirigente del C.I.S.A., in una lettera del 1939, ma è già una lettera di lamentele. Lo apprendiamo da “Americanistica nel 1937-38”, annuario del Centro, precisamente a pagina 692. Lo studioso veronese, in questa occasione, rivela di essere in trattativa con una casa editrice, la Carabba di Lanciano. Ma questa casa editrica è da tempo in crisi finanziaria e minata da lotte tra i soci, e nulla si concretizza.
Due anni dopo, come aveva anticipato, Callegari va in pensione. Ma siamo già nel vivo del secondo conflitto mondiale, Verona viene bombardata, e nemmeno casa dell'americanista viene risparmiata. Già nel 1943 Callegari, in un'altra lettera a Pettazzoni, si dimostra pessimista; nel 1945, si fa di nuovo vivo, scrivendo perlò da Coredo, dove è riparato riuscendo a salvare i suoi libri (ma non i suoi reperti).
L'ultima speranza di pubblicazione del Popol Vuh è dovutas all'interesse della studentessa Gina Zadron, che intercede presso Pettazzoni che nel frattempo si è procurato i diritti dell'introduzione al testo scritta dallo studioso Antonio Villacorta. Callegari, se non il libro sacro, spera almeno di dare alle stampe un saggio sulla donna tra i Maya, con l'aiuto delle edizioni Palatine di Torino, ma nel 1947 - tra l'altro, lui Petazzoni e soprattutto il direttore del .C.I.S.A. Asquini, stanno passando per collaborazionisti, avendo fatto parte di un'istituzione fascista fino all'ultimo - deve alzare definitivamente bandiera bianca . E si ritira tra le valli trentine.


[2] Strada Maestra n. 55, p. 58 e 192 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2055.pdf
[3] Strada Maestra n. 56, pp. 147 e 187 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2056.pdf 
[4] Strada Maestra n. 56, pp. 122 e 153 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2057.pdf