mercoledì 21 dicembre 2016

Un ricordo di Callegari nelle parole di Maria Cavazzuti

Pubblichiamo un toccante ricordo di Guido Valeriano Callegari, lasciatoci da Maria Cavazzuti,  ex-allieva del “corso d’antichità americane che ha già sette anni di feconda vita” [1], all'Università Cattolica di Milano, tenuto da Callegari stesso.
Questo testo proviene dal Fondo Maria Cavazzuti, presso la Biblioteca Isontina di Gorizia. Il fondo è gestito dal cugino dell'autrice Piero Simoneschi, che ringraziamo per aver concesso di pubblicare questo estratto (prima sul sito dell'Università Cattolica e poi su questo blog).
Dell'insegnamento e della chiusura del corso di libera docenza si parla nelle pubblicazioni del progetto e-book su Callegari, e particolarmente nel volume "Il carteggio Callegari-Gorgolini" (potete trovare un link su questa pagina).
Cogliamo l'occasione per augurarvi buone feste e comunicarvi che  il blog tornerà nei primi giorni dell'anno prossimo.

Gli idoleti di Callegari, un eroe omerico
Rivedo lo sparuto gruppetto che frequentava Antichità americane: con lui scoprimmo lʼaltro Antico. Con la sua inguaribile pronuncia veronese (mai una doppia), la sua barbettina cangiante oro-argento-rame vestito sempre poveramente, che simpatico ometto! Come un eroe omerico, lo ricordo sempre impugnante unʼasta lunghissima, quella con cui indicava sullo schermo le proiezioni. Aveva tradotto molte opere del Flammarion e candidamente ammirava lʼastronomo a cui la ricerca scientifica non aveva tolto la passione per lʼignoto, per le case infestate dagli spiriti, e che è stato il padre della fantascienza.
Callegari ci trattava da amici, interpellava in tedesco il nostro compagno bolzanese, mi faceva esercitare nello spagnolo che avevo incominciato a studiare alla meglio su unʼesile grammatica Sonzogno; quando nelle proiezioni appariva ai piedi di una piramide messicana un omino in casco e con la bisaccia a tracolla, dichiarava con imbarazzo: "Beh non badateci, quello lì, modestamente, sarei io".
Lui era stato laggiù, tra serpenti e indios, per le polverose vie fiancheggiate dalle agavi giganti, dove ancora suonava lʼeco degli zoccoli dei cavalieri di Pancho Villa e di Zapata. QuellʼAntico lì, si conciliava addirittura con i film di avventure.
"Nei musei di X, ci sono queste statuine, questi idoleti, che modestamente ho donato io..." ma quellʼavverbio che aveva sempre in bocca non suonava ipocrita né stupido: lui era quasi incredulo, inguaribilmente meravigliato dʼessere conosciuto assai più in là della sua Verona, membro di molte accademie illustri (ma la sua preferita era sempre quella degli Agiati di Rovereto), e giurerei che quando ve lʼavevano invitato e accolto si era presentato in giacchetta marrone, coi capelli sale e pepe leggermente scomposti come se allora si fosse tolto di capo il vetusto elmetto da esploratore, una spalla un poʼ alzata come se allora allora se la fosse liberata dal peso della bisaccia carica di idoleti.
Le sue lezioni così confidenziali, però, ci apparivano un mondo assolutamente nuovo, perché il Foro Romano, Virgilio, Annibale, almeno allʼingrosso li conoscevamo da prima, mentre la civiltà sopravvissuta ai massacri di Cortèz ci trovava devotamente analfabeti. E ambiziosamente, trionfanti, mettevamo adesso Quetzalcoatl accanto a Zeus.

Maria Cavazzuti


[1] Amante A., La verità sul centro italiano di studi americani (C. I. S. A. 1932-1937). Origini, sviluppi, affermazioni, Società anonima casa editrice nazionale (S. A. C. E. N.), Torino 1937

martedì 22 novembre 2016

Le versioni del Popol Vuh

Abbiamo già parlato diffusamente del Popol Vuh, o libro della vita, del Quiché, una provincia dei Maya in America Centrale, prevalentemente nell'odierno Guatemala.
Questa testo dove si fondono mitologia, religione ed astrologia rappresenta il "cruccio" per eccellenza nella vita di Callegari: la sua traduzione in italiano avrebbe potuto dargli quella fama imperitura che non ha mai avuto.
Il Popol Vuh avrebbe dovuto essere bruciato, come stabilito dalla furia iconoclasta dei governi europei ai tempi del conquistadores, ma un sacerdote - padre Francisco Ximenes - lo ha invece tradotto in castigliano, disobbedendo agli ordini, e lo ha nascosto. Il testo è stato ritrovato solo un secolo e mezzo più tardi, nel 1850 circa, ed è stato tradotto in inglese (Scherzer) e francese (Brasseur de Bourborg). Ximenes o chi per lui, però, aveva commesso molti errori nella traduzione, oltre ad aggiungere alcune parti sugli allora in carica governatori spagnoli.
Le ricerche per una versione originale intonsa sono subito iniziate, e nel 1926 tre professori dell'Università di Parigi -  Raynaud, de Mendoza e Asturias -  hanno dato alle stampe una prima versione pienamente "convincente" del testo. Ma è solo nel 1947 che Adrian Recinos completa la prima traduzione in spagnolo moderno dell'opera, che da quel momento è stata presa come punto di partenza da quasi tutti coloro che l'hanno tradotta in tutte le lingue, italiano compreso. [1]
In questo lasso di tempo, Callegari tenta inutilmente di far pubblicare la sua traduzione. Essendo questa rimasta inedita, solo le lettere lasciate da Callegari ci dicono che era completa anche prima che Recinos iniziasse il suo lavoro (1941). Infatti, egli vuole partire dal "Manuscrito di Chichicastenango", edito anch'esso in Guatemala ma nel 1927, da J. A. Villacorta e N. F. Rodas (Callegari sembra scrivere di un "Rojas", in realtà uno studioso posteriore; ma la grafia è di difficile comprensione). Tanto è vero che ottiene dallo stesso Villacorta un manoscritto con l'introduzione in spagnolo e l'autorizzazione a pubblicarlo come prefazione alla sua opera. [2]
Seguono una serie di dinieghi di Raffaele Pettazzoni, nel frattempo subentrato alla guida del C.I.S.A., e che più di una volta si offre di pubblicare solo un sunto dell'opera, mentre Callegari voleva una pubblicazione completa, come d'accordo con Villacorta.
Questo fa sì che lo studioso veronese tenti, nel 1943, una strada diversa, offrendo il suo lavoro alla casa editrice "G. Caribba", di Lanciano in Abruzzo. L'accordo salta, e Callegari, grazie all'aiuto della studentessa Gina Zambon (o Zambron), tenta di nuovo senza successo la carta Pettazzoni. Infine, in una lettera del 1948, si parla di una "penultima" versione in tedesco di Schultze, mentre quella del 1927 è definita "terzultima". [3]
Nel frattempo è già arrivata la traduzione di Recinos - ma Callegari non sembra esserne a conoscenza - e le prime versioni in italiano deriveranno da quella, con buona pace del "nostro".


[1] El libro del consejo (Popol Vuh) (Traducción y notas de Georges Raynaud, J. M. González de Mendoza y Miguel Ángel Asturias),1926; Recinos, Adrián (1947). Popol Vuh: las antiguas historias del Quiché. México: Fondo de Cultura Económica.
[2] Lettera da Callegari a Pettazzoni del  7/51940, Biblioteca Croce di S. Giovanni in Persiceto, rif. 224311
[3] Lettera da Callegari a Pettazzoni del  22/2/1948, Biblioteca Croce di S. Giovanni in Persiceto, rif. 224326

giovedì 13 ottobre 2016

Il carteggio tra Callegari e Pettazzoni

In merito ai rapporti tra Guido Valeriano Callegari e Raffaele Pettazzoni, riteniamo utile annotare la succinta descrizione del materiale documentario presente presso la biblioteca comunale "G.C. Croce" di San Giovanni in Persiceto (Bologna), la cui visione è stata possibile attraverso la cortesia del personale, e segnatamente del professor Gandini e della dottoressa Serrazanetti.
Si tratta di 37 missive, che coprono la parte della vita di Callegari nella quale si era affermato come americanista, e in particolare l'ultima parte della sua vita, sulla quale le informazioni nel Fondo Callegari della biblioteca civica di Verona sono esigue e parziali.
Una parte di questo materiale è stato utilizzato nella pubblicazione recentemente uscita come e-book su lulu.com dal titolo "Il carteggio Callegari-Gorgolini", che potrete trovare ed acquistare tramite il pulsante in alto a destra.
Si tratta, in buona parte, della questione del Centro Italiano Studi Americani (C.I.S.A.), ma vi sono anche discussioni sulla traduzione del libro sacro del Quiché, il Popol Vuh, progetto importante dell'ultima parte della vita di Callegari, di cui si è parlato e si parlerà attraverso questo blog e in eventuali successive pubblicazioni.

01/08/26 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Roma Ricevuta
29/03/27 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Verona via Campofiore Enciclopedia italiana, sen. Gentile, dott. Almagià
01/06/27 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Verona Enciclopedia italiana, sen. Gentile, univ. Cattolica
01/12/33 Da Callegari a Pettazzoni Lettera su carta intestata Univ. Cattolica Milano Mounts, dott Wagner Buenos Aires, Reale Accademia
27/04/35 Da Callegari a Pettazzoni Lettera su carta intestata Univ. Cattolica Milano Ricerca Maya prof. Bloom
22/03/39 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Roma S. Paolo alla Regola Reale Accademia, ritiro da concorso per esiguità premio
27/04/39 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Roma S. Paolo alla Regola Accettazione premio maggiorato (vedi sopra)
02/05/39 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Roma Prima citazione C.I.S.A., studio su Chibcha, sen. Molzon, conte Pellati, uff. Scarola
25/06/39 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Verona via San Paolo Pensionamento, trasferimento Coredo, Popol Vuh guatemalteco, Asquini, Fonigli, prof. Marchi, prof. Dainelli
06/07/39 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Congresso americanisti
07/05/40 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Verona via San Paolo Studio su Chibcha, Popol Vuh di Villacorta e Rojas
06/04/43 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Popol Vuh di Villacorta e Rojas, editore Caribba
26/04/43 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Materiale quaderno C.I.S.A., Popol Vuh di Villacorta
05/06/43 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Sospensione per guerra
27/06/43 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Popol Vuh, Gorgolini "scomparso"
10/08/43 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Popol Vuh, guerra
21/11/45 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Casa di Verona distrutta, reperti saccheggiati, quadri salvati, Popol Vuh
05/01/46 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Gina Zambron, manoscritto Villacorta
28/01/46 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Pubblicazione manoscritto solo integrale
30/05/46 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Accademia Agiati
19/05/46 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Coredo Traduzione tedesca Polop Vuh di Schulze
12/12/46 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Coredo Auguri Natale
17/02/47 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Studio donna Maya, edizioni Palatine Torino, edizioni Buenos Aires
14/04/47 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Coredo Congresso americanisti Parigi, scritto Mordini
20/06/47 Da Callegari a Pettazzoni Lettera Verona Catalogazione biblioteca
22/02/48 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Coredo Impiego alla UTET per Pettazzoni, dottor Deboni
20/12/49 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Verona Auguri Natale
30/03/50 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Napoli Auguri Pasqua
04/06/50 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina illustrata Coredo Congresso americanisti L'Aia
25/08/50 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Coredo Nuovo alloggio in Verona
02/06/51 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Verona via San Paolo 24 Congresso di Marzo (?)
18/12/51 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Verona Cessazione di ogni attività
08/10/52 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Coredo Cessione a Pettazzoni opere
29/10/54 Da Callegari a Pettazzoni Cartolina postale Verona via San Paolo 24 Spezione opere negli U.S.A. - Forse postuma
22/04/43 Da Pettazzoni a Callegari Lettera su carta intestata C.I.S.A. Roma via Funari Sollecito invio manoscritto Civiltà Chibcha
18/01/46 Da Pettazzoni a Callegari Lettera dattiloscritta Roma Ricevuto da Gina Zambron Popol Vuh, proposta impiego Istituto Civiltà Primitive, Enclopedia Americana
02/02/46 Da Pettazzoni a Callegari Lettera n.s. Popol Vuh troppo grande per pubblicazione, forse in futuro

mercoledì 7 settembre 2016

Annuncio: ecco il terzo volume

E' pubblicato il terzo volume del progetto di monografie su Guido Valeriano Callegari, sempre sulla nostra pagina Lulu.

Il titolo è:  Il carteggio Callegari-Gorgolini.

Vi copiamo pari pari l'abstract: Viene qui analizzato il caretggio epistolare tra gli storici Callegari e Gorgolini, nel contesto della progettazione di un centro italiano di studi americani, durante il fascicmo negli anni '30. Una storia controversa tra lo "studioso" pioniere delle civiltà americane in Italia (Callegari) e il politico, sindacalista e fascista della prima ora (Gorgolini), ambizioso e spregiudicato, anche oltre la sostituzione di quest'ultimo a capo del centro.

Per informazioni su tutte le nostre pubblicazioni, fate click sul box "Il progetto Callegari" qui a lato.


martedì 9 agosto 2016

Xochicalco

Al terzo volume della nostra biblioteca su Callegari mancano solo pochi ritocchi. 
Nell'attesa, torniamo brevemente in Messico.

Partendo da Città del Messico, dirigendosi a sud passando tra tre grandi parchi nazionali, si può raggiungere Cuernavaca, capoluogo di Morelos, il territorio di battaglia di Emiliano Zapata. Proseguendo a sud per la strada 950 fino a Xochitepec e poi deviando ad ovest, si arriva a Xochicalco.
Xochicalco è ora un sito archeologico precolombiano sotto tutela dell'UNESCO. In precedenza, sorgeva qui l'omonima città.
Xochicalco è stata fondata nel 200 a.C.; il nome è in lingua nahuatl e significa "luogo della casa dei fiori". La sua latitudine è 18°48'14” Nord, la longitudine 99°17'45”' Ovest. La fondazione risale al tempo della decadenza della vicina Teotihuacán (decadenza alla quale forse Xochicalco ha contribuito). Lo sviluppo e le nuove costruzioni, edificate soprattutto tra il 700 ed il 1000, hanno poi portato Xochicalco a contare un numero di abitanti vicino a 20.000. Poi la città è stata abbandonata in fretta per motivi mai del tutto chiariti.
L'esploratore Antonio Alzate nel 1777 è stato il primo a descrivere le rovine. Alexander von Humboldt ha pubblicato le illustrazioni e una descrizione di Xochicalco nal 1810. Dopo la visita di Massimiliano d'Asburgo, e dopo le sanguinose rivolte, è iniziato un secolare lavoro di recupero, che deve ancora essere terminato al 100%.
L'archeologo Leopoldo Batres, nel 1910, ha scoperto e riportato alla luce il tempio dei serpente piumato, l'edificio più imponente e conosciuto del sito. Nei cinquant'anni successivi alla II Guerra Mondiale altri manufatti sono stati scoperti, ed infine è stato costruito, nel 1993, il museo archeologico che ospita parte dei reperti rinvenuti (altri invece sono stati portati a Città del Messico).

Callegari ha visitato Xochicalco nel 1923. Scrive nel suo diario: “l’escursione al tempio di Xochicalco, a cinque ore di cavallo dalla città di Cuernavaca, attraverso lande tormentate e profondi barrancos, sotto un sole ardente, in compagnia d’una comitiva internazionale di turisti, per studiare questo ammirabile tempio […] nonostante i danni del tempo e i vandalismi, però oggi parzialmente riparato, serba un fascino invincibile, anche per il mistero che lo avvolge dell’epoca e de’ suoi costruttori e delle figure e simboli scolpiti egregiamente nella sua parte massiccia... sola a perpetuarne il ricordo. Esplorai con i miei compagni Laso de los Heros, le grotte vicine, ma non ebbi il modo di farne il rilievo […] Gamio possiede già un esatto piano topografico della collina, su cui s’erge il tempio e ancora de’ dintorni saranno scoperti e studiati”. Manuel Gamio è il geofisico che sta proseguendo il lavoro di Ezequiel Ordoñez sulla classificazione geomorfologica della zona.

Ci restano di questi luoghi una quantità notevole di materiali iconografici nel fondo inedito della Biblioteca Civica di Verona. Spicca in particolare la fotografia dove lui (solitamente schivo ad apparire in foto) posa davanti al muro del tempio del serpente piumato, in compagnia di altre persone non meglio identificate; ma è riconoscibile, in mezzo al gruppo, Zelia Nuttall, la studiosa della quale si è già parlato in un altro post. Sebbene al tempo della visita di Callegari ci fosse nella zona poco di visibile oltre al tempio, ci sono anche foto di reperti, il paesaggio con l'entrata della gola che porta a Xochicalco, e nei dintorni (Lojarto) un'interessante grande rovina litica squadrata in mezzo ad una fitta foresta; sul retro Callegari scrive “Idolo gigantesco di Coutlinchan, dea dell’acqua?”.

Alcune fotografie tratte dal Fondo Callegari
Lojarto. Callegari in piedi sulla rovina

Tepoztlan, ingresso della gola dalla quale si accede a Xochicalco

Foto di gruppo davanti al tempio del serpente piumato, Callegari è il più a destra.

La cittadella di Xochicalco così come appariva nel 1923

martedì 31 maggio 2016

Gli ultimi anni (bui)

A breve dovremmo terminare il terzo volume della bibliografia di Callegari, "Il carteggio Callegari-Gorgolini e la vicenda del C.I.S.A.", titolo provvisorio. Il progresso nelle nostre ricerche è purtroppo ostacolato dalla mancata nuova indicizzazione del Fondo Callegari della Biblioteca Civica di Verona e dai nostri impegni, ma comunque siamo vicini alla meta. Ecco un piccolo accenno di quello che dovrebbe venire trattato nell'ultimo capitolo.

Di Callegari non si hanno più notizie dal 1948 al 1954, anno della sua morte; in questo periodo ha vissuto nella sua casa trentina di Coredo, in Val di Non, probilmente dopo essere diventato cieco.
I dieci anni precedenti (1938-1947), gli ultimi della sua attività, sono stati per lo studioso forieri solo di dinieghi e disillusioni. Del resto, con l'economia italiana a pezzi per le sanzioni, la pace sociale definitivamente minata dalle leggi razziali e non, e soprattutto la seconda guerra mondiale, difficilmente un campo come la storiografia precolombiana avrebbe potuto godere del necessario sostentamento.
La delusione più grande è senza dubbio la mancata pubblicazione della sua traduzione italiana del Popol Vuh, il libro Maya del quale abbiamo già parlato in altri post. Callegari è stato facilmente il primo italiano a riuscire nell'intento, ma nelle librerie sarebbe arrivata solo, nle 1950, la traduzione in italiano - scritta parallelamente ad una in spagnolo - del guatemalteco Recinos.
Callegari parla del suo lavoro a Pettazzoni, dirigente del C.I.S.A., in una lettera del 1939, ma è già una lettera di lamentele. Lo apprendiamo da “Americanistica nel 1937-38”, annuario del Centro, precisamente a pagina 692. Lo studioso veronese, in questa occasione, rivela di essere in trattativa con una casa editrice, la Carabba di Lanciano. Ma questa casa editrica è da tempo in crisi finanziaria e minata da lotte tra i soci, e nulla si concretizza.
Due anni dopo, come aveva anticipato, Callegari va in pensione. Ma siamo già nel vivo del secondo conflitto mondiale, Verona viene bombardata, e nemmeno casa dell'americanista viene risparmiata. Già nel 1943 Callegari, in un'altra lettera a Pettazzoni, si dimostra pessimista; nel 1945, si fa di nuovo vivo, scrivendo perlò da Coredo, dove è riparato riuscendo a salvare i suoi libri (ma non i suoi reperti).
L'ultima speranza di pubblicazione del Popol Vuh è dovutas all'interesse della studentessa Gina Zadron, che intercede presso Pettazzoni che nel frattempo si è procurato i diritti dell'introduzione al testo scritta dallo studioso Antonio Villacorta. Callegari, se non il libro sacro, spera almeno di dare alle stampe un saggio sulla donna tra i Maya, con l'aiuto delle edizioni Palatine di Torino, ma nel 1947 - tra l'altro, lui Petazzoni e soprattutto il direttore del .C.I.S.A. Asquini, stanno passando per collaborazionisti, avendo fatto parte di un'istituzione fascista fino all'ultimo - deve alzare definitivamente bandiera bianca . E si ritira tra le valli trentine.


[2] Strada Maestra n. 55, p. 58 e 192 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2055.pdf
[3] Strada Maestra n. 56, pp. 147 e 187 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2056.pdf 
[4] Strada Maestra n. 56, pp. 122 e 153 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2057.pdf

lunedì 28 marzo 2016

Callegari ci ripensa

Questo post è un proseguimento del precedente. Appena erminato di scrivere quest'ultimo, infatti, abbiamo accertato che la vicenda di Callegari e del C.I.S.A.  proseguiva con altri sviluppi.
Da una raccolta di informazioni, e soprattutto dal sito dedicato a Raffaele Pettazzoni che contiene una sua biografia, di Mario Gandini,  pubblicata a suo tempo in "Strada Maestra" - una serie di quaderni storici realizzati su iniziativa della Biblioteca Comunale di San Giovanni in Persiceto, paese natale di Pettazzoni - abbiamo così evinto che la collaborazione tra Callegari e il C.I.S.A. alla fine si è concretizzata ed è proseguita per almeno un lustro.



Alberto Asquini (da eBay)
Dopo la trasformazione del C.I.S.A. in "ente morale", il suo presidente Pietro Gorgolini, nonostante i finanziamenti, comincia a dare segni di insofferenza verso il nuovo corso deciso dal nuovo ministro degli esteri, Galeazzo Ciano. Seguono due anni circa di polemiche, che alla fine culminano con la clamorosa decisione di estromettere del tutto lo studioso calabrese da qualsiasi incarico nel Centro. La cosa avviene probabilmente sul finire dell'anno 1937, ma non è del tutto certo.[1]
Gorgolini si sfogherà poi (non senza ipocrisia) nel 1945, una volta certo che Mussolini e le sue squadracce non fossero più un pericolo, in un libello chiamato "La criminosa conquista del Centro italiano di studi americani (C.I.S.A.)".[2]

Ciano, così, pone alla presidenza uno dei più noti "dissidenti moderati" del regime: Alberto Asquini.
Costui era un giurista, considerato l'erede in pectore di Alfredo Rocco, "padre" dell'omonimo Codice Penale. Dopo che Mussolini lo ha nominato, in seguito all'epurazione di Giuseppe Bottai, sottosegretario responsabile per i servizi economici dell'industria e del commercio, Asquini inizia a mettere in dubbio la politica economica del regime basata sull'autarchia: per questo viene alla fine sollevato a sua volta dall'incarico, nell'ambito del rimpasto governativo del Gennaio 1935. Rimane comunque un aderente del partito fascista, e viene ricompensato con diversi incarichi - l'ultimo dei quali sarà commissario dell'IRI, fino all 1945 - tanto che alla caduta del regime pagherà con una sentenza di epurazione dagli incarichi di insegnante, annullata poi dal Consiglio di Stato nel 1948. [3]

Asquini non era uno storico, se non del diritto; la sua elezione, evidentemente, è da considerarsi una "compensazione" del regime per il suo allontanamento. E all'inizio del 1938, inizia la sua ristrutturazione del Centro.
Il giorno 8 gennaio 1938 il Consiglio di amministrazione del C.I.S.A, su proposta di Asquini, di pubblicare un Annuario e di istituire comitati scientifici; uno è quello di etnologia americana, presieduto da Raffaele Pettazzoni, e ne fannoi parte Roberto Almagià, Sergio Sergi, Renato Boccassino, Riccardo Riccardi, Antonio Mordini, Giuseppe Mazzini e, per l'appunto, Guido Callegari. Almagià sarà poi espulso a cusa delle infami leggi razziali, nel 1939; nel frattempo, entrano anche Renato Biasutti e Paolo Revelli Beaumont.
Raffaele Pettazzoni (da Wikipedia)
Callegari questa volta accetta e nella seconda riunione, in Febbraio, viene incaricato da Pettazzoni di redigere un elenco delle opere presenti nella biblioteca del Centro; sottopone un elenco di pubblicazioni scientifiche da acquistare al segretario generale, Ruggero Mazzi, nonché a quello dei comitati, che è Manfredi Azzarita, futuro personaggio della resistenza e vittima del massacro delle Fosse Ardeatine. [4]

Successivamente, nel 1939, Callegari e Pettazzoni hanno uno scambio di vedute sull'opportunità di pubblicare a mone del C.I.S.A. uno studio nel nostro studioso, "Civiltà Cibca". Nella bibliografia di Callegari non risulta nessuno studio con questo nome: probabilmente si tratta degli articoli comparsi a suo tempo su "Cultura moderna" e "Rivista di studi americani". Questo almeno sembra suggerire la risposta di Pettazzoni, che obietta che sarebbe meglio iniziare con materiale inedito, e non accetta la pubbicazione. Altre proposte di Callegari vengono rifiutate, quasi sempre per mancanza di fondi: la partecipazione in rappresentanza al 27° Congresso degli americanisti a Città del Messico, e la traduzione dallo spagnolo di "Culturologia" di Imbelloni. Nemmeno la sua offerta di cedere gratuitamente alcuni Atti dei passati Congressi degli americanisti viene presa in considerazione.

In una lettera del 1939 a Pettazzoni, Callegari si lamenta di tutto ciò; ma ci fornisce due notizie importantissime. Come prima cosa, sta pensando di chiedere il pensionamento (ha 64 anni, ormai) dall'incarico che copre in quel momento (alla Scuola di Commercio); inoltre si è procurato una serie di testi per iniziare il suo capolavoro: la traduzione del libro sacro dei Maya, il Popol Vuh. Callegari rivela che passerà l'estate a Coredo, in Trentino. [5]

Sembra di intuire le nuove motivazioni di Callegari che lo hanno convinto ad aderire al C.I.S.A.: vuole dedicare gli ultimi anni della sua carriera alla sua grande vera passione. Del resto, nelle lettere del periodo si lamenta della sua salute, e si sa che di lì a nemmeno dieci anni sarà pressoché cieco. I suoi progetti saranno ridotti in fumo - dalla guerra, dalla crisi e dal fatto che, comunque, dopo la caduta di Mussolini dovrà fare i conti con la sua collaborazione con le organizzazioni fasciste - e la sua traduzione del Popol Vuh, dopo tre rifiuti, alla fine non verrà mai pubblicata.

[1] Dizionario Biografico Trecccani - http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-gorgolini_(Dizionario_Biografico)/
[2] Sito Università di Stanford - https://searchworks.stanford.edu/view/3127987
[3] Dizionario Biografico Trecccani - http://www.treccani.it/enciclopedia/alberto-asquini_(Dizionario-Biografico)/
[4] Strada Maestra n. 54, pp. 53-232 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2054.pdf
[5] Strada Maestra n. 55, pp. 121-251 - http://www.raffaelepettazzoni.it/ARTICOLI/Strada%20Maestra%2055.pdf; America precolombiana. G.V. Callegari, I Chibcha, “Cultura moderna” XLII, fasc. X, 1933, pp. 9 figg. 21 * (Op. Forti 380/22); G.V. Callegari, Idolatria e idrometria presso i Chibcha, “Rivista di studi americani” I/III Roma 1936; G.V. Callegari, Aurei e terrecotte dei Chibcha nei Musei Etnografici italiani, “Cultura moderna” Novembre 1937, pp. 4 figg. 7

domenica 31 gennaio 2016

Il gran rifiuto di Callegari

Spilla ufficiale del Congresso di Roma del 1926,
venduta su eBay nel Novembre 2015


Durante il ventennio, era richiesta la tessera del partito fascista anche per insegnare in una scuola guida (abbiamo avuto più testimonianze dirette); per cui, chiunque desiderasse un rapporto di collaborazione con le istituzioni dello stato fascista, doveva sottostare alle regole di obbedienza, e venire di conseguenza “inquadrato” dagli osservatori del regime.
Vi furono molti entusiasti della prima ora, ma anche molti scettici: la maggior parte dei primi resistette alle continue ingerenze del regime fino al suo crollo, mentre la maggioranza dei secondi, piano piano, si ritirò da ogni impiego per lo stato, anche se questo significava l'esilio, o una specie di “oblio”, dalle istituzioni accademiche italiane.
Callegari fu indubbiamente tra questi ultimi. La scarsità di pubblicazioni a suio nome a partire dall'anno 1937, oltre che dalle sue condizioni di salute, fu causata dal suo distacco dalle alte sfere del regime.

Tra gli entusiasti c'era Pietro Gorgolini: Nel Dizionario Biografico degli Italiani [1] Angelo D'Orsi scrive che costui, dopo essere caduto in disgrazia con il quadrunviro “nazionalista” e in particolare con Giorgio De Vecchi di val Cismon, responsabile del fascio torinese, venne riammesso nel partito dallo stesso Mussolini, che lo apprezzava, e diventò direttore delle edizioni di regime S.A.C.E.N. e dellla pubblicazione “Il Nazionale”.
Anche Ugo Antonielli, direttore del Museo Pigorini di Roma, era un propagandista fedele; nel 1924 in un istituto di Bologna, commentando le gesta di Oberdan, glorificò il regime in un modo così sfrontato, da provocare le reazione degli antifascisti presenti, tra i quali un giovane Giorgio Amendola, e la conseguente rissa [2].

Il primo incarico di Callegari per lo stato italiano fu svolto prevalentemante proprio con Antonielli, nonché con il prof. Ricciardi: il Congresso degli Americanisti a Roma 1926. C'erano altri personaggi più moderati ma altrettanto prestigiosi, come Orlando Grosso (direttore Ufficio Belle Arti e Musei civici di Genova), Pericle Ducati (studioso di Bologna correlato con Raffaele Petazzoni, commissario ministeriale Accademico) e Paolo Revelli, autore di “Terre d'America  e Archivi d'ltalia” edito a Milano nel 1926, un testo fondamentale. Scrisse Callegari: “Facemmo, per quanto novizi, una discreta figura, come ben si può vedere dagli atti pubblicati nel 1928”[3]; ma nel suo testo “Unicuique Suum”[4], sempre del 1926, già non lesinò critiche all'impostazione generale, che saranno ben chiarite anche da questa frase trovata in una lettera del 1934 a Pietro Gorgolini: "I finanziamenti stanziati nell’occasione da Mussolini per costituire la Società degli Americanisti italiani finirono nella stampa privata dell’opera “Gli americani” dell’etnologo-antropologo dell’Università di Roma Giuseppe Sergi"

Callegari, tornato dal suo viaggio in America, era stato convinto da Antonielli e alri come Giuseppe Mazzini, peruanista, ad aderire al progetto del Centro Italiano Studi Americanistici C.I.S.A. diretto da Gorgolini.
Il progetto prevedeva la liquidazione della della S.A.C.E.N., editrice de “Il Nazionale”, e l'uso dei fondi così trovati nella creazione, per l'appunto, del C.I.S.A.; progetto frenato per lungo tempo dall'odio tra Gorgolini e De Vecchi, nel frattempo diventato ministro.
Lo studioso veronese fece subito presente che non avrebbe tollerato gli “errori” compiuti nel 1926: in altre parole, che avrebbe vigilato perché il tutto diventasse effettivamente un'associazione a scopo culturale, e non di propaganda (almeno così sembra di capire).
Non ottenendo molta attenzione, nel 1935 Callegari si ritirò di fatto - poco dopo Revelli - con una lettera polemica in cui rivolgeva accuse all'intero apparato statale. Ma quando De Vecchi fece sopprimere il corso di Americanistica presso l'Università Cattolica di Milano, l'appoggio di Gorgolini contro questa decisione fece riavvicinare i due.
Dopo lotte con De Vecchi ed accordi con il conte Volpi di Misurata, presidente dell'Associazione Italo-Americana, il progetto semprò ripartire [5]
Ma in mancanza di certezze Callegari rifiutò un suo impegno a tempo pieno. In seguito, l'alleanza con il nuovo ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, spostò gli scopi del centro da storici a social-politici
Il 24 Luglio Callegari rispose alle continue sollecitazioni di Gorgolini con freddezza e distacco: si lamentò che come sempre, non vi era  “il più piccolo principio d’effettuazione dei miei modestissimi desideri”, chiese di non esser incluso come Direttore generale del Consiglio direttivo e partì per il Trentino in vacanza.

La sua collaborazione si ridusse a qualche articolo pubblicato su “Rivista di studi americani”, edita dalla S.A.C.E.N. di Gorgolini.

Bibliografia

[1] Dizionario Biografico degli Italiani Treccani - Volume 58 (2002) (voce su Gorgolini di Angelo D'Orsi);
[2] Cerchia G.: "Giorgio Amendola. Un comunista nazionale - Dall'infanzia alla guerra partigiana (1907-1945)" Rubbettino 2004;
[3] Venturi F.:  Guido Valeriano Callegari, libero docente di antichità americane, “Civiltà veronese” a. II, n. IV, sett. 1989;
[4] Callegari G.V., Unicuique Suum, Verona 1926 (Catalogazione ufficiale gia’ esistente: Biblioteca Civica Verona - Op. Forti 356/7) - Polemiche Americanistiche, Congresso Romano 1926, Organizzazione e gestione;
[5] Amante, A., La verità sul centro italiano di studi americani (C.I.S.A. 1932-1937). Origini, sviluppi, affermazioni, Società anonima casa editrice nazionale (S.A.C.E.N.), Torino 1937, pag. VI.