venerdì 17 febbraio 2017

Ultimi dettagli sul carteggio Callegari-Pettazzoni

Il carteggio, lo ribadiamo, si trova nella Biblioteca Comunale "G. C. Croce" di San Giovanni in Persiceto (Bologna). In tutto contiene 37 lettere, 34 scritte da Callegari e tre da Pettazzoni.

Lettere dal 1925 al 1927
Escludendo la prima, una semplice ricevuta, le due lettere riguardano la creazione dell'Enciclopedia Italiana, il progetto dell'Istituto appena fondato da Giovanni Treccani sotto la supervisione di Giovanni Gentile. Lo stesso Gentile, definito "senatore", viene citato in entrambe le missive. Pare di capire che Callegari non sia stato chiamato a far parte del progetto, come sperava, ed in particolare sia sfumata la sua collaborazione alla sezione geografica dell'opera, nonostante il parere del responsabile, il professor Roberto Almagià.
Nella prima missiva Callegari polemizza su questa scelta ("Non mi sono mai occupato di politica, pur seguendola come storico"; "Perdoni […] questo sfogo"). Nella seconda appare rassegnato a perseguire altri obiettivi ("Pare finalmente che, ad XI o XII, potrò tenere quattro lezioni di antichità americane all'Università Cattolica di Milano").

Lettere dal 1933 al 1935
Sono due lettere, entrambe su carta intestata dell'Università Cattolica milanese, nelle quali lo studioso appare rinfrancato dal nuovo incarico presso questo ateneo. Nella prima, Callegari chiede informazioni su un simbolo esoterico ("una mano stilizzata- spesso in colore nero - con un occhio nella palma") trovato anche nei reperti dei Mounds - antichissime vestigia del passato trovate negli attuali U.S.A. - non ritenedosi soddisfatto della spiegazione del prof. Wagner. Nella seconda lettera, invece, segnala a Pettazzoni un elogio di una sua opera da parte del professor Franz Blom.

Lettere dal 1939 al 1940

Nelle prime due missive si racconta di come Pettazzoni riesca a far adeguare un premio della Reale Accademia, inizialmente rifiutato da Callegari perché troppo esiguo. Segue poi nella lettera successiva, la prima citazione del C.I.S.A.: Callegari è impegnato in una trattativa per la pubblicazione sulla rivista del Centro di un suo articolo sul popolo Chibcha.
È nelle lettera successiva, però, che lo studioso veronese rivela i suoi veri piani. Si legge: "La prossima settimana parto per Coredo (Trentino) ove resterò tre mesi - avendo deciso di lasciare la scuola di commercio e chiedere la pensione"; più avanti Callegari rinuncia polemicamente al Congresso degli Americanisti di Città di Messico ("Il ministero si accontenterà di farsi rappresentare […] dal suo ministro plenipotenziario!").
In questa e nelle successive lettere lo studioso annuncia trionfalmente l'avvenuta ricezione dell'opera sul Popol Vuh di Villacorta e Rodas.

Lettere del 1943
Sono le comunicazioni che precedono i fatti dell'8 Settembre. Con il paese in guerra e sull'orlo del baratro, Callegari non sembra nemmeno insistere troppo sulla pubblicazione delle sue opere, eccetto per il Popol Vuh, per il  quale chiede l'interessamento promesso a suo tempo da Gorgolini ("poco prima che scomparisse").
Su questo è anche la prima risposta di Pettazzoni, della quale ci è giunta la minuta.

Lettere dal 1945 in poi
La prima lettera di questo gruppo è senza dubbio la piuù importante. Il 21 Novembre 1945, Callegari riesce finalmente a scrivere a Pettazzoni, e conferma di essere in pensione da quattro anni. Per la prima volta, traccia una linea sulla pubblicazione del suo Popol Vuh ("non mi fo alcuna illusione") e, soprattutto, informa sulla rovina subita dai suoi averi nel bombardamento americano ("il mio appartamento in Verona fu distrutto […] ma i libri e i quadri in massima parte salvi […] la collezione di oggetti esotici totalmente saccheggiata").
In realtà, Callegari nutre ancora speranze per la pubblicazione della sua opera, tanto è vero che nella successiva lettera annucia, grazie a ("una mia compaesana, Gina Zandron, studentessa del Magistero di Roma") la spedizione della traduzione della versione guatemalteca del 1927, con tanto di autorizzazione alla pubblicazione del ministro Antonio Villacorta, l'autore.
La risposta di Pettazzoni è nella sua ultima lettera leggibile - perché dattiloscritta - ed è negativa, poiché al massimo ritiene possibile pubblicare un sunto. Callegari rifiuta, in quanto l'autorizzazione parla di pubblicazione integrale, e da questo momento in poi i rapporti tra i due studiosi sembrano farsi più freddi: lo studioso veronese scrive lettere sempre più brevi (e poi passa alle cartoline) dove racconta i tentativi falliti con vari editori, si lamenta del disinteresse, e comunque mantiene un tono amichevole. Fino a quando, nel 1952, cede a Pettazzoni di un non precisato libro ("di cui le scrissi […] ne faccia ciò che crede"). L'ultima missiva, della fine del 1954, è scritta dalla nuova casa di Verona e probilmente precede la sua morte di pochi giorni.

La stazione ferroviaria di Porta Nuova dopo i bombardamenti alleati.
Verona è probabilmente la città italiana dove questi ultimi hanno
provocato i maggiori danni. (Da Wikipedia)



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